Gli schiavi nel mondo greco e romano by Jean Andreau & Raymond Descat

Gli schiavi nel mondo greco e romano by Jean Andreau & Raymond Descat

autore:Jean Andreau & Raymond Descat [Andreau, Jean & Descat, Raymond]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: History, Ancient, General, Social History, Social Science, Slavery
ISBN: 9788815252951
Google: Vwc5oAEACAAJ
editore: Il Mulino
pubblicato: 2014-11-14T23:00:00+00:00


2. Lo schiavo e i suoi padroni in Grecia

«Il mio padrone è la mia città, il mio rifugio, la mia legge e il tribunale per il giusto e l’ingiusto» afferma uno schiavo in una commedia di Menandro; «è soltanto con ciò che devo vivere» (Menandro, fr. 581). La relazione di uno schiavo con il padrone struttura l’essenziale della sua vita. Questa relazione assume diverse forme secondo le circostanze della sua vita.

In Grecia lo schiavo, dopo il suo acquisto, è accolto nella casa, oikos; katachysmata, noci e fichi secchi, sono sparsi sulla sua testa, secondo la tradizione in uso anche per le spose. Se lo statuto dello schiavo sembra avvicinarsi a quello della donna, tali somiglianze hanno tuttavia dei limiti. La pratica dell’introduzione simboleggia soprattutto i vantaggi che lo schiavo può portare alla casa con il suo lavoro. Si tratta di un rituale di protezione più che di accoglienza nella famiglia, un rituale per esorcizzare lo straniero che egli è, prima di essere integrato in una comunità. E forse rappresenta anche, come alcuni l’hanno considerato, un rito di passaggio per l’intera comunità, più che per l’oikos100. D’altronde non si sa che cosa avvenisse in occasione della nascita di uno schiavo in casa; probabilmente non era previsto nulla. Quindi, oggigiorno gli storici ammettono che lo schiavo faceva parte non della famiglia ma della casa, come una proprietà, ktēma, e per di più, in Grecia, come una proprietà «invisibile». È molto difficile conoscere il numero degli schiavi perché non interessa a nessuno: nelle orazioni relative alla propria eredità Demostene registra gli schiavi che fruttano e fanno parte dei profitti, ma omette di segnalare il numero totale dei suoi schiavi.

Una volta comperato lo schiavo e introdotto in casa, il padrone deve incaricarsi di tutto. Il mantenimento e la vita materiale dipendono dal padrone e costituiscono il centro della vita dello schiavo. Non c’è una legge nella città che imponga degli obblighi al padrone. Lo schiavo ha una vita adeguata solo se il padrone lo vuole. Difficile dunque generalizzare; tuttavia, la consuetudine attesta la modestia delle risorse assegnate agli schiavi, che di solito sono ridotti in povertà. Per la Grecia si fa spesso riferimento a una razione di cibo quotidiano, una chenice di farina d’orzo (circa ottocento grammi). In un’opera di Menandro, due chenici, che sono la norma per gli uomini liberi, vengono considerate come un lauto banchetto per gli schiavi. Male razioni variano secondo l’umore del padrone e le pratiche regionali: lo schiavo è più fortunato nelle vecchie case che presso i nuovi ricchi (Eschilo, Agamennone, 1042); l’avaro di Teofrasto calcola con vecchie unità di misura, più piccole (Teofrasto, Caratteri, 30, 7); in Egitto - dove gli schiavi, occorre ricordarlo, sono più rari - secondo gli archivi di Zenone, del III secolo a.C., le razioni annuali di pane raggiungevano 557 chilogrammi (le stime minime attuali della FAO, l’organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura, si attestano intorno ai 250 chilogrammi). I pasti, consumati a parte (tranne presso i proprietari poveri, ed eccetto forse in occasione delle feste), sono modesti.



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